Pinot Bianco Lepus 2018 Franz Haas, Pesce di Lago e…la mia maglietta: abbinamento e Total Look.

Sveglia presto ma non troppo, oggi non lavoro, il sole splende.

Tutto questo va onorato: pantaloni di cotone, maglietta colorata come il mio umore, e si va a Menaggio. E pure in ottima compagnia.

Gli occhi non si stancano di riempirsi delle bellezze di questo posto, mentre i piedi sì di camminare, e lo stomaco comincia a brontolare. In effetti, è già passato da un pezzo mezzogiorno.

Dove andiamo a mangiare? Ci accomodiamo a un tavolino esterno della prima trattoria che incontriamo. Ha un cartello con su scritto che fa anche “pizze con impasto napoletano”, però noi siamo a Menaggio in questo momento e, dopo la passeggiata sul lungolago, cos’altro potremmo voler mangiare se non un po’ di pesce? Meglio se pescato davvero nel Lago di Como.

Non abbiamo neanche bisogno del menù, chiediamo direttamente alla cameriera cosa ha da proporci in proposito.

Ci sono i “Pesci di lago in Carpione”.

Pesci?!

Dicitura generica perché i pesci possono variare secondo quello che hanno a disposizione, e oggi ci sono delle “specie di alborelle”. Ne deduciamo che la ragazza intende i cavedanelli.

Li prendiamo, apprezzando l’onestà. Purtroppo, le care, tradizionali alborelle sono praticamente scomparse da anni dal Lario e non solo, a parte qualche piccolo branco che i pescatori locali avvistano di tanto in tanto. Per il resto, quando le si trovano da comprare o sono nominate nei menù, arrivano dall’Albania.

Aggiungiamo il “Filetto di Agone Marinato”.

In carpione…marinato…e adesso, il vino? Calma e gesso, vediamo se qui ne hanno uno che può tener testa alla sfida.

La cameriera sottolinea come i pesci siano interamente lavorati dal loro chef che, pur utilizzando ovviamente l’aceto nel preparare le marinature, fa in modo che queste risultino più delicate possibili. I piatti sono poi accompagnati da verdure scottate sulla griglia.

La carta dei vini, per favore! La scelta spetta a me.

Mhmm…una lista alquanto risicata: un paio dei soliti Prosecco su cui sorvolo, alcuni improbabili rossi che guardo per mera curiosità, e i bianchi, eccoli, ce ne sarà uno adatto…

In effetti i bianchi sono più numerosi, ma alcuni sono un po’, per così dire, ‘semplici’, altri li prevedo troppo sbilanciati sull’acidità, cosa che con la marinatura fa gridare aiuto.

Alla fine la migliore opzione mi appare l’Alto Adige DOC Pinot Bianco “Lepus” di Franz Haas, annata 2018.

Il Pinot Bianco è di per sé un Gentil Signore dai modi garbati, originario del nord, che quando prende dimora nel Südtirol ne sa cogliere i tratti alpino-mediterranei ed esprimerli con certa eleganza. Se, poi, finisce sotto le cure di un Gran Maestro del luogo come Franz Haas, diventa un vino di compiuta personalità e raffinatezza.

Franz Haas coltiva complessivamente 55 ettari di vigneto, suddivisi tra i comuni bolzanini di Egna, Montagna (dove ha sede la cantina), Trodena e Aldino, ad altitudini che vanno dai 400 fino a oltre i 1100 metri s.l.m., con conseguente varietà di microclimi e di morfologia del terreno, in cui si alternano sabbia profirica, argilla e calcare.

Le quote più elevate sono riservate al Pinot Nero, vitigno per il quale Franz Haas nutre una ben nota sfrenata passione, con risultati di successo fuori dal comune. Il Pinot Bianco, invece, si spinge fino a 800 metri ‘soltanto’…

Grappolo di Pinot Bianco – Franz Haas

Date le premesse in vigna per un varietale di classe, la lavorazione in cantina non può che essere altrettanto accurata.

Il mosto fermenta per il 70% della massa in contenitori d’acciaio a temperatura controllata, mentre il rimanente 30% in barrique. Mantenendo la differenza fra inox e legno, il vino sosta per circa cinque mesi sui propri lieviti. Assemblate le due parti, l’imbottigliamento è concluso con tappo a vite.

Degusto il primo calice della mia bottiglia del 2018:

Vivido color paglia di brillante limpidezza. La consistenza fa intuire un interessante tenore alcolico (giro la bottiglia e leggo: 13%), presagire morbidezza e struttura. Ma prima c’è il naso, che immediatamente riconosce la mela golden, e poi quei fiori bianchi che si mescolano al pane fresco e tanto spesso, nei Pinot Bianco, mi destano un lieve ricordo di luppolo. Ritorna la paglia del colore anche nel suo profumo, insieme al fieno, alla camomilla essiccata e a una nocciola appena tostata. Refoli minerali completano il quadro. Il palato incontra un corpo dal carattere equilibrato, agile nella spinta acido-sapida arginata dalla coppia glicerico-alcolica. Ritorna scivolando abbastanza lentamente, in sintonia aromatica con il naso.

Arrivano i piatti di pesce.

L’agone è più strutturato e induce maggior succulenza rispetto ai cavedanelli che, per contro, rivelano una sapidità leggermente più accentuata. Devo dare atto alla veridicità delle parole della cameriera: in entrambi i casi, la marinatura arricchisce di aromaticità i pesci senza soggiogare il loro profilo soporifero; la tendenza acida è gradevole, ben bilanciata da quella dolce dei pesci e degli ortaggi, la cui lieve grigliatura non apporta significativa tendenza amarognola. Al limone si riserva una funzione puramente decorativa.

Il “Leprotto” Pinot Bianco (“Lepus” in Latino, “Haas” e varianti nelle lingue germaniche) dovrebbe correre un po’ di più sul finale per raggiungere la persistenza dei piatti ma, tutto sommato, se la cava egregiamente in un abbinamento non proprio facile da affrontare.

E, infine, la mia maglietta

È al momento di scattare le foto che io e la mia dolce compagnia ci accorgiamo, divertiti, che i colori sgargianti della mia maglietta fanno ‘pendant’ con quelli delle preparazioni nei piatti e, soprattutto, dell’etichetta del vino, disegnata come ogni altra delle bottiglie di Franz Haas dal famoso artista Riccardo Schweizer.

Un fortuito, allegro “abbinamento cromatico” che contribuisce a perdonare qualche pecca di quello tra il vino e il cibo di oggi, e a vedere l’insieme della giornata con un sorridente “total look” di piacere.

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